01 febbraio 2006

Cos'è il fragore del tuono di fronte alla perspicacia della loro frenesia? Cos'è l'ardore del rogo di fronte alla fallacia della loro ritrosia? Cos'è il rumore del tonfo di fronte alla sagacia della loro amnesia?

30 gennaio 2006

Permettono di sedersi dove lo mettono, forse su una stuoia di sequoia, forse sull’onda torbida della torba, forse sul letto, sul caffè corretto; forse lo mettono dove riflettono, forse nel retto, forse nella casa dirimpetto; fossero pure in difetto, lo mettono ovunque, dunque, la tirano sempre per le lunghe.

26 gennaio 2006

Non è l’archiria che vi insegna la via, non dito puntato che indica il selciato; non vetta di fretta vi insegna la via retta, non crisolito né crisotilo, non canti non pianti non santi, non senti che non sono lamenti che guidano armenti? Non prendi unguenti che sciolgano intenti? Non senti?

20 gennaio 2006

Arieggiano in lupo, granaglie io, poi un giro, in legnaia può, in olio pareggia un io lungo: piangerai; lo pareggia unioni.

19 gennaio 2006

Sorridono quando irridono al loro destino: lavare umido dall'amido, levare fremito al lievito.

17 gennaio 2006

Fetido, nitido: è quello che chiedono quando chiamano.

Un'ora al duello, oltre qua, troveranno Cin e Cin il luogo adatto per brindare? "Dove sei stato? Sei in ritardo per batterti!" chiese Cin. "Neppure le sette s'avvertono che ottobre non è mese per annoverare dì; e ci trovano pure un posto per tenere fresco il vino!" rispose Cin.

07 gennaio 2006

Se superano ogni limite melano ogni temperatura, che sia la tetra terra tra che e tra o la teiera fiera tra o e tra, il tepore è destinato a spore e il melo è destinato al gelo: se supera ogni limite gelano con lui mele e melograno, rana e stagno.

06 gennaio 2006

Mettono ora, promettono poi, che suoi, se puoi, rimettono, assestano: estrano se chiudono, premono se temono, tremano se sperano, errano se vanno.

Stupefatti in letti rifatti provano con misfatti disfatti, stanno ai patti come se l'atto di rompere i piatti sfiati su anfratti che non informano i fatti. Infatti.

04 gennaio 2006

Nutrono nidi nitidi di pernici e faine quando l'asta dei secondi, una comune disinvoltura di lama che sappia pronosticare l'avvento dell'esatto tempo, custodisce il duello alle pendici di falde.

17 dicembre 2005

S'impennano se rennano, salivano se ridono, scendono se dondolano, attivano se premono, cattivano se fremono.

16 dicembre 2005

Se li issi per vedere missili ognuno grida: "Issami, issami, per vedere missili!". Se li inabissi per vedere pizzi insieme gridano: "Inabissaci, inabissaci, per vedere pizzi!". Se li raddrizzi per vedere infissi ti guardano fissi, indossano pizzi, inventato ghiribizzi, fanno vocalizzi, rincorrono cavallerizzi, cercando indirizzi, dimenticano missili.

10 dicembre 2005

Colgono distanti istanti che si sperano eterni quando sfottono vicini che si sentono lontani: li aspettano sul pianerottolo e li schiaffeggiano con i drappi estenuanti delle parvenze, di soppiatto li terrorizzano all’alzata delle saracinesche, prima di bibite fresche, prima d’addentare pesche; li tramortiscono ignorandoli, li finiscono fiammeggiando le loro insegne, li incupiscono con sonori peti dietro l’uscio delle cantine.

Sudici innervano l'artrosi dermica intrecciandola a volute di pioggia, a semi di roggia, a guanti d'oculata foggia.

03 dicembre 2005

Quando con razzi imberciano astronavi dove l'ergolo pare aere e l'aere comete, stelle sfoderano comete.

30 novembre 2005

Quando la neve strofina l’aria coi singhiozzi del gelo spremono attimi misurati, quando soli tentano di raccogliere quest’aria in un cofanetto di tepore, soli spezzano attriti miniati; così esili sfibrano atmosfere minute, così proni sfilacciano armenti murati: lasciateli premere sull’addio come solo l’addio sa salutare dalla prua la spuma dei saluti.

27 novembre 2005

Se vedono pareti verdi inneggiano a sciami arguti che brandiscano coltelli puntuti per fare reti da quelle pareti, per fare tranelli da quegli orpelli, per fare un foro alare e planare, come uno stormo che migrando plani, e planando nutra, e nutrendo induca, e inducendo conduca oltre pareti verdi che inneggiano a sciami caduti.

20 novembre 2005

Con forchette sanno imbastire tovaglie, con ami le sanno sfibrare fino a fare d'un gomitolo la trama e l'ordito d'un pesce arrosto.

15 novembre 2005

Nutrono levrieri con cognac e miele, bruciano zecche con le cravatte male annodate che sciami stupefatti, marcando l'abisso che li conduce alla frettolosa disdetta, favoleggiano tra spazzole e tonsure; mute ronzanti e distillati di frivolezze, come un fiume che, senza scelte, trasporta cadaveri e fiori.

14 novembre 2005

Se li accogliamo con ireos architettano sembianze per fare del rizoma una macinatura per tisane, se offriamo asparagi li aspergono con filtri rigonfi.

11 novembre 2005

Assaliti da pruriti, sfoderano plurimi asfodeli da tetre faretre, con la lingua scivolano nell’incavo ocra e fanno dell’anno della fioritura i mesi dell’aridità agognata.

10 novembre 2005

Sottili sfrecciano ai limiti dell’apparenza, mentre l’apparenza appare apparita al limite di sottili apparizioni sfreccianti: tesi come paradossi fanno guasti i guadi tra fossi, lassi come ragni fanno l’ultimo avamposto all’incavo del sentiero.

06 novembre 2005

Quando indicano il cielo guardiamo le loro dita, quando in tasca cercano aria per scaldarsi, quando calde sfiorano bordi d'un cirro, raffreddandolo; l'aliseo trema pettinando comete che accarezzano l'intero scenario: rovi, corvi, tumuli, cumuli, carnefici, pontefici, sere, fiere, guardiani, ruffiani.

05 novembre 2005

Oscillano quando mitra ondeggiano, strisciano esausti quando tiare svettano: i loro copricapi sono tessuti con peli di lontra, ben calzati quando si fa nebbia; non potrebbero scorgerli se il gelo non avesse il sopravvento come non potrebbero ondeggiare svettanti quando i fedeli aspergono i loro cappelli con peli di lontra.

01 novembre 2005

Se dico "fibroma piroga" sciami di angeli li sventolano in cima a rii puntuti, se dico "rizoma di zona" lettori di nugae li immolano su comodini tetri, all'alba.

29 ottobre 2005

Sanno intingere l'omoforio in un fetido pozzo se liquami grondano da pissidi, sanno incutere timore col solo morione quando il baio s'impenna e a bisdosso affronta letami, fiamme tra rugiade di brughiere: pulegge, attriti, argani, tabernacoli, bielle, ostensori, frese, cotte, amidi, nitriti, solfati, peti, verruche e brina.

27 ottobre 2005

Friabili schisti li innaffiano con la polvere delle scissure, l'onda che attuffa il gavitello li schizza con la spuma dello zerbino: se fanno un gesto l'atto si appropria dell'inutilità senza resto, sottrae una mano ampia all'aria, s'insinua come un biqquadro per annullare il respiro; non prenderli che diventerebbero inciampi, non lasciarli che ti mozzerebbero il fiato a mezza rampa.

25 ottobre 2005

Quando dragano pediluvii, trovano murene.

20 ottobre 2005

Limati non accumulano spessori, trafitti non lagrimano sporgenze; stanno arcuati se li tingi sui nervi, s'aggrappano a grappoli se li premi alle foci: turriti se sprofonda l'argine, tra attriti, nefriti e residuii, sanno l'ora come l'ora sa il sonno, sanno dirlo come solo il risveglio sa dirlo; parlano e bocche si premono, gridano e soffi d'ante migrano.

18 ottobre 2005

Tra fasti e urti li tengo appesi con erose nebulose, li porto con l'ansia di darli in pasto al vasto pentacolo scribacchiato d'addii, li nutro come nitore sfama nutrici, li sfilo appena svolti da carta sfiatata, li prego al saltuario santuario delle dissipazioni; se solo potessi mietere la loro sepoltura li annegherei con l'ombra dei loro mantelli: sfebbrati li farei incendiari, notturni li farei vampe, sventolanti li farei scorticati, nuvolosi li farei pegasi, privati li farei privati.

Lampi splendenti, zagaglie di ghiaccio: appena afferrati tremano come cristalli braccati, ma una volta domati, remano esausti al limite dell'ora, svanenti tra minuti minuti e secondi svenuti, sfiniti.

Sono bislacchi cunei puntuni che attizzano falotici sentieri, sono erti come abbrivii montani, sono pingui come anse d'acqua nanfa o vetuste brughiere, sono gole ignivome quando la sferza annuncia l'alba, sono rughe dicembrine quando la nebbia placa foglie e inonda soglie, sono erbe assonnate, sono boccioli getanici quando la rosa s'addorme, quando il viso s'aggrotta, quando il quando si desta, quando la destra mancina, quando la macina freme, quando la speme s'addensa, quando la lenza s'affonda, quando l'onda la prende, quando scende; sono il resto che rende ogni dare, sono la ruota che accoglie la biella, la tibia infistolita che sospinge il passo, sono coppie con asso, sono carta con sasso, sono il polso lasso che l'unghia preme, sono germoglio e seme, bulbo e raggio, culo e camicia; sono il sorriso e la sfiga, così, come le mutrie parole non hanno riparo né sorte.

14 ottobre 2005

Come scudisci sferzano lapidi e dirupi, ma sanno fermarsi sul bordo delle polveri che accarezzano sandali floreali, ideali, leali, reali, micidiali, legali, regali, coniugali, facciali, speciali, ufficiali, artificiali, superficiali, sociali, commerciali, cordiali, primordiali, occhiali, cereali, scaffali, guanciali; bel oltre sanno fermarsi, ben oltre.

Eppure, a volte, sembrano invidiabili: ostentano pennacchi senza insegne che amano bruciare in sfiatati roghi variopinti mentre si cibano di acri rumori che la notte sforna tra ardori e lievi crepitii.

07 ottobre 2005

Bevuti, lasciano la bocca striata coi dossi delle maniglie, quando l'ottone dell'inverno le svende avvolte al derma, ai peli sfiniti del polso, all'unghia sfasata nell'impasto, orma di cicatrice, lunetta bianca, indice timido, mignolo assonnato, stretta disassata, la sinistra con la destra, la destra col bicchiere, il bicchiere e la lingua; bevuti.

05 ottobre 2005

Non posso invocarli quando gracida la fiamma e crepita lo stagno, hanno zanne limate dall'insonnia, rigate come un pistone sfiatato, come pitone chetato, inneggianti al groviglio come corno di rinoceronte o cono gelato: a volte s'acquattano assonnate tra stuoia e fuliggine, mentre altre tremano sperando di spaventare; non le temo più d'un tasto mal premuto, d'un termos al margine del dirupo, d'un grido goduto o d'un bagliore temuto, d'un fiuto distante, d'un istante che preme, d'una casa dalle chiuse ante, d'una brezza al limitare del gelo; non le bramo più d'un nefasto torrione diroccato, d'un filo di sputo di broccato, d'uno sfiatato polsino sdrucito, d'uno cucito alla vena del mattino, d'uno senza piglio o d'uno vermiglio.

30 settembre 2005

Non puoi tenderli con una leva, non puoi farlo con gli acuti sfiniti affacciati alle gole; se provano ad aggrapparsi ai fari le testuggini ruotano sotto i riflessi frantumando clessidre, se provi ad aggrapparti al loro svanire scalciano come nitriti assordanti, sfondano un riflesso appannato tuffandosi nella patina impalpabile di fiato sconfitto.

29 settembre 2005

Come si può tenerli assolati, quando migrano stesi alla foce dei mattini, quando l'aria tersa della gola non teme ancora gli scrosci che li facciano aridi alle fruste dell'imbrunire, alle tarme delle acquasantiere, al torbido turbine del seme di mostarda aggrappato alla fessura dove seminano e con loro ombre tra le felci, cavalli con sterco e nitriti; suole su scale di grovigli d'erica, dirupi, argini e pettinate d'erpici; forse comete.

20 settembre 2005

Tesi, se cantano lì, senti, mimano onde e anse e trovano e come feltro avvolgono, come dopo l'incendio dell'angolo della spuma, come insegne sul limitare del respiro; e segmenti e confini eccoli: il loro ardere li rende ineffabili al gusto, il loro soffio li porta al bivio sospettoso dell'antro, tra la chioma spavalda del letargo e il risveglio sull'altura dello sterno.